Un viaggio nella cucina Piemontese: chiudendo gli occhi, tra i fornelli dell’Irpinia, e riaprendoli, come d’incanto, per realizzare il proprio sogno. Ci troviamo di fronte a filetti di fassona, la razza bovina più pregiata d’Italia. Autoctona, meravigliosa, magra, morbida in cottura. Il meglio di una regione straordinaria, che con i suoi vini, le sue carni, i suoi formaggi, non ha termini di paragone. Il percorso di oggi è quasi tutto proiettato verso il Piemonte. Con una carne “di nicchia”, dal costo elevato ma il rapporto qualità-prezzo tiene alla grande: un formaggio, come il Castelmagno d’Alpeggio, un erborinato del cuneese realizzato dal sapore intenso ma perfetto con gli abbinamenti che realizziamo. Il Castelmagno d’Alpeggio viene prodotto in alpeggi situati al di sopra dei 1600 metri di quota, là dove grande è la fragranza delle erbe foraggere e straordinaria è la varietà e la ricchezza della flora prativa, composta di graminacee dei generi “poa” e “festuca” che esaltano le caratteristiche organolettiche del formaggio. I malgari lavorano esclusivamente il latte delle proprie vacche, che vivono allo stato brado e che conserva il sentore dei fiori e delle erbe dei pascoli da cui proviene. E’ assolutamente vietata la somministrazione agli animali di insilati o di mangimi o di sottoprodotti industriali. E’ vietato il ricorso a fermenti lattici nella lavorazione. Insomma la qualità del prodotto è garantita al cento per cento. Qui si lavora con passione, sacrificio, amore per la natura e per il prodotto. Del resto le ricette di alta cucina hanno bisogno di materie prime eccezionali, come quelle che usiamo in questa creazione. C’è tanto Piemonte nel nostro piatto, ma la Cucina Vagabonda ama le fusioni extraregionali di grandi prodotti. Lo sapete. Come le fave, di Leonforte (Sicilia), e come le patate, a pasta gialla, del viterbese. Con il vino che usiamo torniamo al Piemonte, come in un viaggio di passioni ed emozioni senza fine: un chiovende, rosso, biologico, profumato, intenso, senza solfiti. Un Chiovende del Monferrato, di vini così se ne fanno di rado.Vino raro, derivante dalla vinificazione di uve autoctone Ruchè. Lo usiamo sia per sfumare la carne prima di passarla in forno (quindi doppia cottura) sia per servire il nostro piatto. Il tipico aroma varietale del vino è molto intenso e persistente, tipicamente di rosa, di ciliegia e con il passare del tempo di pepe verde e di geranio. Al gusto è decisamente particolare la sensazione vellutata proposta sul palato. La selezione delle migliori uve ha esaltato le caratteristiche varietali di questo nobile vitigno, offrendo un quadro aromatico strepitoso e un gusto degno di meditazione. Che altro dire? Se non che il piatto di oggi è per palati fini, e non si può fare a meno di creare giochi di colori. Ci viene in aiuto la primavera, con i suoi fiori, belli e anche commestibili. Come i fiori di timo, dal profumo incredibile. E poi le spezie. E’ il mese dei germogli, da far crescere sul proprio balcone. Come quelli di habanero, che usiamo per decorare il piatto. Sentori di terre lontane, aroma leggermente piccante. Quello stesso habanero che ritroviamo nelle chips di patate che diventano una croccante panatura per una carne e un secondo piatto da mille e una notte.