Quattro formaggi, quattro storie diverse. Quattro caratteristiche differenti, quattro diverse stagionature. Insieme nello stesso piatto, separati da due cotture diverse, messi insieme a coppie, per unirsi in una ricetta dal grande gusto, dai sapori decisi ma piacevoli, a fare da condimento ad una pasta straordinaria trafilata al bronzo. Corta, rigata, con il fomaggio fuso e la ricotta che “penetra” nelle fibre del maccherone, esaltandolo al massimo. Si parte dal nord, dal grande nord, dall’isola felice dei formaggi. Un erborinato di montagna, pregiatissimo, un “signore” con una storia illustre e una preparazione meticolosa. E’ un Castelmagno d’Alpeggio Dop, perla del cuneese, prodotto con latte di vacca, eventualmente addizionato con latte ovino e/o caprino in percentuale da un minimo del 5% ad un massimo del 20%. Sapori forti per formaggi che dominano, ma che sono destinati solo a grandi ricette. Accanto al Castelmagno, come in un viaggio, accostiamo la Sicilia, con un pecorino nero, in crosta di pepe, stagionato solo 4 mesi, morbido e delicato. Insieme danno vita ad una fonduta (con una leggera base di latte e burro per legare) che funge da salsa a specchio, cremosa e gustosa, su cui tuffare la pasta. Con qualche goccia che decora le millerighe. Perchè il matrimonio sia perfetto. Dall’altra parte altri due formaggi: uno freschissimo, che non ha bisogno di presentazioni. In questo tourbillon di emozioni forti ci voleva qualcosa di leggero, di cremoso. Di Campano…Certo leggero nel gusto, ma pur sempre dal ricco contenuto calorico. Ricordiamoci che si tratta di un piatto con 4 formaggi intensi, quindi occorre limitarci nelle porzioni. Anche per lasciare al palato un segnale piacevole. Ecco quindi una ricotta di bufala di Aversa, fresca giornaliera, che diventa una chantilly salata con aggiunta di scagliette di Canestrato di Pienza. La ricotta non ha bisogno di panna, come nella classica chantilly di pasticceria, diventa crema nella sua acqua di bufala, unita questo grande formaggio di ovino della Val D’Orcia che dà la giusta sapidità. Si scola la pasta molto al dente, poi si salta con la crema di ricotta e l’acqua di cottura, infine si poggia sulla fonduta, che si fonde, mai più indovinato fu il gioco di parole, alla chantilly, sopra e sotto, con qualche goccia a decorazione. Tanto prezzemolo per colorare e profumare e una nota di pepe nero. Poi basta impiattare con fantasia e un pizzico di estro ed ecco “costruito” un piatto che è una storia, un viaggio, un percorso. Quattro territori, due cotture diverse, tante peculiarità, ma soprattutto grandi materie prime che si fondono con il cuore in una ricetta per occasioni speciali.